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Cinema

Il Grande Gatsby, Miuccia Prada e Tobey Maguire si raccontano a Io Donna

Miuccia Prada a “Io Donna”: «Così i miei abiti si sono trasformati in icone anni ’20 per “Il Grande Gatsby”». La stilista continua, “Negli anni Settanta ero femminista, poi mi sono messa a fare la moda. Una scelta più scomoda non la potevo fare. Ma adesso questa schizofrenia sta trovando una composizione”. Miuccia Prada si confessa nel numero di “Io donna” in edicola sabato 11 maggio.

Una chiacchierata che prende l’avvio dalla sua collaborazione con il regista Baz Luhrmann per “Il grande Gatsby“, con cui si inaugura il festival di Cannes. “La cosa più curiosa è che nessuno dei miei abiti era stato pensato per essere un costume anni Venti: il suo film li ha resi più anni Venti delle immagini d’archivio!” racconta la stilista, che ricorda anche la nascita di un passione: “Negli anni Sessanta, quando mi sono formata, il cinema era un parte talmente importante della mia crescita! Lo seguivo assiduamente insieme al teatro. La mia ricerca sull’arte è arrivata dopo”. E a chi la definisce “mecenate, facilitatrice di autori”, risponde: “No, io desidero produrre cultura, voglio aiutare a far girare idee. Il mio interesse ultimo è la vita, da indagare attraverso i mio lavoro, l’arte, il cinema. Voglio dare il mio contributo alla comprensione dell’oggi”.

Tobey Maguire a “Io Donna”: «Sono un bravo papà e un giocatore di poker, che c’è di strano?»

«Leo è un carissimo amico, nonché padrino dei miei figli. Anzi, più che padrino, uno zio: è una gioia vedere questo loro rapporto crescere, diventare profondo». Leonardo DiCaprio è il grande Gatsby nel film di Baz Luhrmann, ma il motore dell’azione, nei panni di Nick Carraway, è Tobey Maguire. Che, nel numero di “Io donna” in edicola sabato 11 maggio, si racconta. Compresa la (apparente) contraddizione tra l’essere un grande giocatore di poker e un bravissimo papà.

Meglio noto come Spider-Man, l’attore è oggi soprattutto un uomo di potere a Hollywood, dove dirige una casa di produzione, la Material Pictures, che ha una serie di progetti paragonabili a quelli di una major. «Se dovessi descrivere la mia professione, direi che è quella dello storyteller: mi piace raccontare storie che aiutino a riflettere sulla condizione umana», spiega. Parla inoltre della scelta di diventare vegetariano: «Conseguenza di una reazione naturale (guardo nel mio piatto e, se c’è un pezzo di pollo, quello che vedo è una carcassa morta). Poi penso agli effetti ecologici, a questo nostro bisogno incontrollabile di consumare, senza riflettere sui costi per il pianeta».

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