Ragazza italiana rapita in Africa dove abita in Italia e che fine ha fatto? Silvia Romano lavora come volontaria per l’organizzazione Africa Milele Onlus, con sede a Fano, nelle Marche. Era partita da Milano dopo la laurea per partecipare a un progetto di cooperazione internazionale. Silvia Romano è una ragazza che vive a Milano. Che fine ha fatto?
Ragazza italiana rapita in Africa dove abita in Italia e che fine ha fatto?
Milanese, 23 anni, volontaria per l’organizzazione Africa Milele Onlus: Silvia Romano è stata rapita in Kenya da fondamentalisti islamici. Dov’è adesso? E soprattutto come sta?
Silvia Romano si trovava in Kenia per partecipare a progetti di cooperazione internazionale. Ad agosto, come si legge sulla sua pagina Facebook, era in un orfanotrofio a Likoni con una onlus, e in quella zona sarebbe rimasta fino a ieri sera, quando è stata rapita.
Lo scorso febbraio Silvia Romano si è laureata a Milano in una scuola per mediatori linguistici per la sicurezza e la difesa sociale con una tesi sulla tratta di esseri umani e lavora in una palestra milanese, la Zero gravity.
Silvia Romano la ragazza rapita in Africa le parole della Presidente della Onlus
«A quanto ci hanno raccontato le persone che abitano nel villaggio – spiega Lilian Sora, presidente della onlus -, sono arrivati quattro-cinque individui armati», che hanno sparato diversi colpi e poi «sono andati, a colpo sicuro, nella casa dove era la nostra volontaria, probabilmente perché sapevano che c’era una italiana», che in quel momento era da sola.
Il rapimento di Silvia Romano sarebbe avvenuto ieri sera intorno alle 20 ora locale, a Chakama, contea di Kilifi.
Police looking for suspected Al-Shabab militants who kidnapped a 23-year-old Italian woman in Chakama town, about 80 kilometres west of Malindi town. Incident left 5 people injured one of them seriously.#JeffAndHamoOnHot @KoinangeJeff @HamoProf pic.twitter.com/oH1MGfnhsD
— The African Voice (@teddyeugene) 21 novembre 2018
I sospetti sul rapimento di Silvia Romano si concentrano sugli islamisti somali shebab. «Gli assalitori vestivano alla maniera somala e parlavano in somalo» ha raccontato alla Reuters un testimone scampato all’attacco.
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