Raz Degan ha raccontato a Giulio Base, i particolari della sua infanzia, la sua storia particolare, le sue origini e la vita con i suoi genitori e la sua famiglia, quando era bambino.
Raz ha raccontato a Giulio: “Mia madre mi ha partorito nel kibbutz. Non c’era neanche un ospedale, è andata in una baracca. Ai miei tempi il kibbutz era diverso da come è oggi. Il modo più diretto, comodo e facile per spiegare cosa sia, è paragonarlo a un campeggio, dove tutto era di tutti. C’era una grande mensa dove potevi mangiare senza pagare. C’erano le macchine, potevi prendere le chiavi, scrivere il tuo nome e guidare. C’era una scuola dove andavano tutti a studiare. Le persone lavoravano nei campi o in fabbrica”.
“All’inizio dell’anno ti davano dei punti, in base al numero dei membri della famiglia. Quando andavo al negozio e prendevo ciò che mi serviva, non davo mai contanti, davo i punti. C’era grande armonia. Ad esempio dicevamo ‘Hai il latte?’ oppure ‘Mi manca il riso’. E poi sono morti con il capitalismo, quando hanno iniziato a dire ‘No, io voglio un televisore più grande, io voglio la mia macchina, io voglio un’altra stanza’. Io ho dei ricordi bellissimi, camminavo scalzo, andavo sul fiume a pescare, dormivo con amici sotto le stelle. I ragazzi si divertivano ma sempre dentro quel sistema protetto. Non c’era la polizia. Le nostre cose le sistemavamo sempre internamente”.
Poi Raz ha abbandonato il kibbuts per fare il militare, per tre anni, e poi si è trasferito a New York dove c’era la madre e lì la sua vita è cambiata totalmente.
Ma ora con grande affetto per l’Italia, ora dice: “Casa mia è la Puglia, Cisternino e il trullo. Quello è tornare a casa”.
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